La poesia e la pittura sono identiche; il problema è stranamente lo stesso: è una questione di iconografia, di immagine del mondo. Si tratta di fermare l’immagine e di farne istantaneamente la sintesi, in qualunque maniera
Enzo Cucchi
È uno tra gli artisti più prolifici e originali della scena contemporanea, un pensatore libero e anticonvenzionale. La sua ricerca affonda le radici nella parola scritta e fiorisce in una miriade di segni, simboli e linguaggi espressivi. Come un alchimista ammalia e plasma la materia, come un narratore evoca storie, miti e luoghi.
È Enzo Cucchi (Morro D’Alba, 1949) protagonista della sua grande personale Il poeta e il mago, a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo dal 17 maggio al 24 settembre 2023.
Non una classica retrospettiva, ma il ritratto inedito di un artista poliedrico e visionario che ha saputo mantenere nella diversità una coerenza tale da essere considerato un punto di riferimento imprescindibile anche per le giovani generazioni di artisti.
Le oltre duecento opere in mostra, molte delle quali mai esposte prima, scandiscono un percorso immersivo e ricco di sorprese, un racconto per pagine sparse che rifiuta ogni linearità cronologica e restituisce una creatività in perenne movimento.
La mostra si svolge nella Galleria 4 del museo dove, come tracce disseminate in tutto lo spazio, lavori monumentali, disegni, piccoli bronzi, ceramiche, grafiche e libri d’artista intercettano continuamente lo sguardo del visitatore.
Nell’allestimento, concepito seguendo uno spunto progettuale dell’artista, le opere sono sospese dal soffitto, si sollevano a diverse altezze o addirittura “sfuggono” all’esterno. Cucchi si mostra e si nasconde e, come un prestigiatore, invita alla meraviglia.
Dice Bartolomeo Pietromarchi: “La mostra è concepita in modo da farvi entrare nella tana di Enzo Cucchi e perdervi nel mondo della sua immaginazione. Un’esperienza immersiva, dove l’immagine liberata trova il suo campo privilegiato di espressione nella libertà di tecniche, riferimenti, rimandi, citazioni, allusioni e illusioni, ma anche con i fantasmi e le ombre di se stessa. Perché il percorso che vi trovate a fare tocca le corde del profondo e dell’inconscio attraverso la luce e l’ombra della rivelazione e dell’occultamento”.
Prosegue Luigia Lonardelli: “La pratica di Enzo Cucchi si colloca in un limbo in cui ogni ipotesi identificativa diventa subito controversa e contraddittoria. Affrontando la progettazione del percorso espositivo si è partiti proprio da questo elemento accettandolo come parte integrante del lavoro dell’artista e leggendo il détournement che attraversa la sua ricerca come una possibilità di rilettura della storia dell’arte italiana degli ultimi decenni”.
La mostra è realizzata in stretto dialogo con l’Archivio Enzo Cucchi, curato dal figlio Alessandro. Progetto di allestimento di Claudia Reale, graphic design di Alberto Berengo Gardin.
LA MOSTRA:
L’ingresso è all’interno di un’area lettura: è una riproduzione della biblioteca di Enzo Cucchi, una selezione di libri amati dall’artista che il pubblico può sfogliare. Le letture svelano passioni, influenze, aspirazioni e questa scelta di titoli, preludio al ritratto che il MAXXI ha voluto dedicare all’artista, testimonia una curiosità insaziabile.
La mostra si apre con un gruppo di sculture modellate in marmi neri, bianchi, rosa, poste su basi immaginate dall’artista per esaltarne la dimensione spaziale. Queste opere si modificano inaspettatamente in una metamorfosi continua, con putti che trasformano volti in teschi e personaggi che si trasfigurano in visi di anziani dalle lunghe barbe, in una costante riflessione sul tema del passaggio del tempo. In contrasto con questa sorta di memento mori, l’opera America (2016), un grande volto dall’espressione scanzonata incorniciato in un medaglione, sembra invitare ad attraversare la mostra con ironia e leggerezza.
Al di là della vetrata, Religione (2013), un vascello in bronzo lungo oltre un metro, è sospeso in aria all’esterno della galleria e sembra indirizzare lo sguardo verso mete lontane. La mostra prosegue con un gruppo di opere pittoriche, realizzate nel 2008 su reti in metallo elettrosaldate che incombono pesanti dall’alto.
Il Cucchi narratore di miti e racconti emerge con forza in una serie di dipinti di grandi formati: Trasporto di Roma (1991), che per la prima volta esce dalla Pinacoteca di Ancona, La Città Incantata (1986) e Miracolo della Neve (1986), opera che richiama una delle funzioni più antiche dell’arte, ovvero quella di tramandare storie e i misteri della religione. In questi lavori, elementi ceramici o metallici, inseriti come estensione dell’immagine al di là dello spazio pittorico, trasformano l’opera in un ibrido tra pittura e scultura, nella più assoluta libertà di linguaggi espressivi.
Al centro della galleria corre un dispositivo allestitivo, una sorta di “spina” che s’interrompe a tratti per poi riprendere, in cui s’intersecano piani ad altezze diverse, disegnata seguendo uno spunto progettuale dell’artista. Qui sono poggiate delle terrecotte dipinte a freddo realizzate ne 2008, bozzetti provenienti dalla dimensione intima dello studio.
Su una parete di metallo nero alcuni piccoli bronzi sono esposti in un allestimento di stampo archeologico, come reperti recuperati da un passato lontano.
Continuando il percorso di mostra, vediamo emergere dal pavimento gli artigli di un’aquila rovesciata (Il Re Magio, 2018), simbolo del potere capovolto, che trattengono due globi di vetro.
Come una quinta, una parete che ospita una griglia di formelle di bronzo alternate a disegni introduce a un ambiente interamente dedicato alla carta, alla grafica e alla parola scritta.
Su una profonda gradinata sono allestite decine di progetti editoriali, esperimenti tipografici che hanno scandito il percorso artistico di Cucchi: una costellazione di cataloghi di mostre, edizioni, incisioni, libri d’artista. Una vera e propria passione, che dagli anni Settanta a oggi Cucchi ha declinato in ogni aspetto, con una cura minuziosa nella scelta di carte, legature, colori di stampa e caratteri grafici.
Domina la scalinata La Biga di Giotto (1990), un grande carro trainato da una testa di pecora, che evoca l’antica Roma e al contempo allude al celebre episodio raccontato dal Vasari, secondo il quale Cimabue avrebbe scoperto Giotto mentre, giovane pastorello, era intento a disegnare una delle sue pecore su un sasso.
Affastellati su una parete troviamo infine un centinaio di fogli, pagine marcate con tratti veloci e febbrili, che sembrano scivolate via dai libri e si arrampicano sostenendosi l’un l’altra in un fragile e perfetto equilibrio. Richiamano la “cattedrale”, modalità allestitiva sviluppata da Cucchi nel corso degli anni, che in questo caso esprime una concezione spirituale, quasi sacra, del disegno.
La pittura raduna il peso delle cose
Una pittura è una cosa calda
Si vede da lontano che odi la pittura
Mostra e muori
È con questi quattro versi, scritti a parete sulla grande vetrata alla fine della galleria, che si conclude la mostra e si congeda l’artista. Suggestivi, viscerali e provocatori come le tante anime di Enzo Cucchi, sono motti di un animo in perenne ricerca, sintesi di un’arte in cui vita, opera e artista sono indissolubili. |